Cari Genitori, avete mai fatto caso con quale frequenza i bambini dicono “grazie” o “per favore”?

La gratitudine è un concetto difficile da insegnare ai più piccoli, ringraziare non significa infatti pronunciare una parola ma praticare una buona abitudine, manifestare un apprezzamento che ricambia chi ci omaggia di qualcosa.

Cos’è la “festa del grazie”?

La Festa della Riconoscenza è di tradizione salesiana: Don Bosco, nel giorno del suo onomastico – il 24 giugno, festa di S.Giovanni Battista – desiderava che i ragazzi esprimessero gratitudine al Santo con canti, musica e gioia.

Questa festa dedicata al Santo dei giovani aveva un profondo intento formativo: era un modo per educare i ragazzi alla gratitudine attraverso esperienze concrete e trascinanti, celebrando i valori in maniera attiva, non solo raccontandoli ma vivendoli in comunione per interiorizzali.

Essere riconoscenti e dire grazie significa accorgersi di aver ricevuto un dono, e questa gratitudine è conseguenza di un atteggiamento di attenzione e di riflessione: “mi accorgo che ti accorgi di me”!

Perché è importante dire grazie sin da piccoli

Se desideriamo vivere nel rispetto reciproco è necessario investire sulle buone maniere, piccole abitudini che meritano importanza.

Insegnare ai bambini a dire grazie significa anche aiutarli a vivere pienamente e a dare valore alle cose della vita.

Dire grazie è liberatorio, conciliante, civile e anche salutare.

Lo affermano gli psicologi: dire grazie apporta benessere poiché rafforza le relazioni sociali, fortifica il concetto di sé in relazioni agli altri, infonde fiducia e rispetto, innesca un circolo virtuoso.

Insegnare ai piccoli a esternare la gratitudine significa incentivarli a comunicare le proprie emozioni, a investire sui valori sociali e ad essere persone migliori.

Dire grazie non è solo una cortesia ma una grande abilità sociale, tant’è che risulta difficile pure agli adulti pronunciare frequentemente – e sinceramente – questa parola.

Tante volte si associa il “grazie” all’aver ricevuto benefici costosi, in risposta ad una forma di generosità fuori dall’ordinario; in realtà è bello dire grazie anche per i piccoli gesti, anche quelli considerati “banalità”, perché la riconoscenza è un’emozione sociale che nasce dalla consapevolezza di essere beneficiari di continui atti di altruismo.

Esiste un legame tra gratitudine e reciprocità?

Quante volte ci aspettiamo dagli altri un grazie che non arriva?

E quante volte ci è capitato di dare per scontato un gesto senza ricambiarlo con buon uso della gratitudine?

In poche parole, non sempre esiste una consequenzialità tra il donare qualcosa (anche solo un sorriso) e il fatto di essere ricambiati.

Non esiste uno scambio bilanciato quando si tratta di azioni ed emozioni.

Ma ci si può allenare – fin da piccoli – a riconoscere i gesti delle persone che abbiamo di fronte.

Ciò che conta è stimolare la motivazione nel praticare le buone maniere, anche gli altri saranno così incentivati a ricambiare e donare con altrettanta gentilezza.

Una catena virtuosa

La gratitudine fa sentire bene, sentirsi dire “grazie” rassicura sul valore che gli altri attribuiscono ai nostri gesti.

La gratitudine ricevuta incoraggia ulteriori comportamenti di generosità, questo migliora le relazioni interpersonali, tra amici e parenti ma anche con gli estranei.

Il ringraziamento per un comportamento generoso è anche più “dirompente” fra persone che non si conoscono, perché non sono abituate a prestarsi attenzione.

Non ci resta che dire più spesso “grazie” (trasferendo questa bella abitudine ai piccoli) per dare input all’effetto domino, ogni atto gentile può dare origine ad una vera e propria reazione a catena.

Ascoltare, pazientare, salutare, abbandonare l’impulsività e donare sorrisi spontanei.

Il bambino gentile, che sa ringraziare chi e cosa lo circonda, prenderà presto coscienza del rispetto verso ciò che è bello, delicato, vulnerabile, bisognoso e mostrerà sensibilità e riconoscenza nei confronti dell’ambiente naturale e sociale (persone, animali, natura).